“Me l’hanno uccisa un’altra volta” lo sfogo della madre di Dorotea Di Sia
La madre della giovane policastrese, uccisa in un sinistro stradale, un anno fa da Pantaleo D’Addato, non riesce a darsi pace e denuncia l’indifferenza delle istituzioni, dinanzi alla condanna a 3 anni, emessa da Tribunale di Trani.
“Me l’hanno uccisa un’altra volta!”, queste le amare parole che Pietrina Paladino ha proferito subito dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Trani, nell’udienza finale di rito abbreviato contro Pantaleo D’Addato, l’uomo che il 13 maggio dell’anno scorso, dopo aver assunto alcool e droghe pesanti, pose fine alla vita di sua figlia, la bella 25enne, Dorotea Di Sia, con una folle corsa, nella cittadina pugliese di Bisceglie.
La famiglia Di Sia aveva chiesto per l’imputato il riconoscimento della colpa cosciente, ma i giudici hanno riconosciuto al reo 37enne, cugino di Leo, fidanzato di Dorotea, l’omicidio colposo, condannandolo a 3 anni di reclusione, alla confisca del veicolo, alla revoca della patente e all’interdizione dai pubblici uffici.
3 anni di reclusione. Solo 3 anni. Tanto vale per la legge italiana la giovane vita della brillante studentessa dell’Accademia di Brera, appassionata di fotografia e di pittura, amante delle farfalle e della musica, che ha visto spezzarsi le sue ali, per sempre, contro un pilastro di una villa in costruzione.
Pietrina, madre di Dorotea non riesce a darsi pace: “Non avevamo illusioni – dichiara la donna – ci siamo resi conto, sulla nostra pelle, che in Italia non esiste la giustizia, ma solo indifferenza da parte delle istituzioni che dovrebbero tutelarci. La cosa che più ci ha ferito, però, è stata l’indifferenza di D’Addato, in aula. Ha ucciso nostra figlia, ha sconvolto le nostre vite, come fa ancora a guardarsi allo specchio?”
Tra 15 giorni conosceremo le motivazioni che hanno spinto il Giudice ad emettere questa sentenza, contro la quale, senza dubbi, D’Addato presenterà appello.
Genny Gerbase
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